difetti

[…] Le parole sono importanti, sono un cunnilingus celebrale al quale non bisogna rinunciare.
Ho raccolto quindi qui sotto, con precisione tibetana, un breve catalogo dei difetti di pronuncia tipici degli uomini catanesi, in presenza dei quali, io credo, in un Paese normale, una donna dovrebbe preservare la dignità a livello mandibolare e offrire un Trattamento Logopedista Obbligatorio (TLO), anziché una relazione sentimentale:

1. quelli che “propio”, “pultroppo”, “sodispazione”, “pissicologo”, “pissichiatra”, “bicichetta”, “inzomma”, “entusiasto”;
2. quelli che credono eroicamente esista sempre un plurale delle parole, basta usarle al plurale: scuti, euri, coche cole, moiti, camii, frighi, partite ive, coppe uefe, piedi di porci, hamburghi, prosecchi;
3. quelli che abbattono la doppia erre: “dammi una bira”, “amore non corere”;
4. quelli che il verbo avere e il complemento di modo sono un’unità di misura del tempo: “Ha due giorni che non mangio”, “come tu arrivi all’Oxidiana, ce ne andiamo”;
5. quelli a cui da fastidio l’unica erre: “ti apro lo spottello”, “vengo con la smat”;
6. quelli che raddoppiano una consonante a danno delle altre: Savvatore, pobblema, macciapiede, pessona, Mazzamemi, arrivedecci, Mattia Seppotta;
7. quelli che compongono frasi con uno mbare di cittadinanza, composte solo da soggetto, predicato e mbare;
8. quelli che aggiungono la preposizione “ni” per rafforzare un timido complemento di luogo: “Vieni ca(ni)”, “vai da(ni)”;
9. quelli che hanno problemi nasali di pronuncia: “non bosso”, “altrettando”, “minghia”, “combuter”;
10. quelli che ripetono ossessivamente “giustamente”, “praticamente”, “automaticamente”;
11. quelli che pronunciano la C come fosse G – “vadda ca si n’gesso” − e la G come fosse C – “andiamoci a manciare un celato” − e che vanno in cortocircuito lessicale quando portano una donna da C&G;
12. quelli a cui dà fastidio la vocale “a” in ambito relazionale: “perdonimi”, “ascoltimi”, “lassimi stare”, “bacimi”, (persino) “scopimi”;
13. quelli che anticipano un ragionamento con: “Parlando con te”, “Ma te la posso dire una cosa”, “Calcola che”;
14. quelli che sostantivizzano concetti in un’unica parola: “sessellimone”, “ceissole”, “ceimmare”, “cellinfenno”;
15. quelli che al bar ti chiedono un “mosco muller”, un “ses”, uno “squitz”, un “gillemo”, un “vischi”, uno “scocci”;
16. quelli che troncano le parole inglesi: “Brus Spristi”, “Perry Meso”, “Amanda Li”.

TLO per tutti. Dentro una stanza buia. O dici Marzamemi o tumpulate.

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di: Mattia Iachino Serpotta

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Cos’è la Liscìa Catanese?

Chi è Catanese sa benissimo cos’è la Liscìa e sa benissimo che è soltanto una prerogativa del Catanese.La Liscìa non è umorismo o cabaret, La Liscìa è naturalezza e spontaneità. E’ quel carattere insito nel Catanese che trova maggior espressione nelle situazioni più varie e talvolta tristi. La Liscìa è l’oro dei catanesi, è magia ed è il modo più efficace per sdrammatizzare, per far sorridere chi motivi per sorridere non ne ha, per dire la propria in modo ironico e divertente.

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